15 maggio 2008

Il discorso retorico


Sire, non per fare un discorso retorico ma…

Frena la favella.

Perché mai?

Sbadiglio.

Anch’io mi annoio.

E tu chi saresti?

Malassenzio.

Ma non eri morto?

Certo che no.

Metterei la mano sul fuoco.

Eppure sono qui, davanti a lei.

Che cosa curiosa.

Non lo è, no.

Io dico di sì.

Sono d’accordo.

Perché ti annoi?

Non ho mai niente da fare, sire.

Pulisci per terra.

Ecco fatto.

Lava i vetri.

Et voilà.

Flessioni.

Op! Op!

Settantacinque.

Su una mano sola.

Sei bravo…

…e veloce.

Dopotutto non dovevo ammazzarti.

Credo che lei si confonda con qualcun altro, mio re.

Dici?

Ne sono certo!

Questo non significa nulla.

Forse un mio omonimo?

Donde proviene la tua voce?

Prego?

Parla, ch’io ti possa sentire.

Che debbo dire?

Riprendi il discorso di poc’anzi.

Comincio.

Fermo.

Perché?

Avverto la presenza di un ventriloquo.

Siamo soli.

SONO solo.

Forse è meglio che me ne vada.

Ma no, resta.

I brividi mi scuotono.

Non v’è ragione.

La paura mi assale.

Sei in una botte di ferro.

Davvero?

Giurin giuretta.

Ho una proposta, sire.

Quale.

Decapitiamo qualcuno.

Motivo?

Per ingannare il tempo.

Chi dovremmo decapitare?

Uno a caso.

Tu.

L'estrazione non era regolare.

Sei il primo che mi è venuto in mente.

Proviamo di nuovo.

Tu.

Ancora una volta.

Sempre tu.

E va bene, allora io.

Quel che è giusto è giusto.

Dunque la mia morte è inevitabile?

Così pare.

Accetto questo mio destino…

…al servizio delle mie grasse risate.

Porgo la testa…

Oh, come me la rido.

…e rotolo via.

Discorso chiuso.